Lo sguardo teso dei partecipanti. Il grafico che si carica lentamente a schermo. Un secondo che dura quanto un’ora. Poi il verdetto: il team Green ha vinto. Nessun boato, nessuna ovazione, al loro posto sorrisi sul punto di straripare, sguardi d’intesa virtuali, espressioni che faticano a restare composte. La soddisfazione è lì, nei volti. Discreta, ma nitida. Anche così si riconosce il talento.

Ma per capire com’è andata a finire, bisogna tornare all’inizio. A quando i talenti selezionati si sono connessi per affrontare l’ultima e più intensa fase della University Talent Challenge, il Business Game. Una simulazione in tempo reale, basata su dinamiche aziendali realistiche, pensata per mettere in campo – non solo sulla carta – le competenze che contano davvero.

Un contesto che fa emergere chi sei, davvero

A ogni nuova edizione, UTC riconferma il suo format: assessment distribuito su più fasi (Skillgame, Pitch Yourself, Web InBasket e Business Game), progettato e gestito da Artémat per osservare il talento sia mentre si racconta sia mentre agisce.

Un contesto unico, che spinge a decidere sotto pressione, collaborare con sconosciuti, rispondere a imprevisti. Un contesto in cui non basta “sapere le cose”. Bisogna saperle fare. E dimostrarlo.

È qui che si attiva il potenziale reale. E anche quest’anno, il Business Game ha confermato quanto la competizione sia solo la punta dell’iceberg: sotto c’è un lavoro di squadra straordinario, capacità di problem solving, comunicazione efficace, intelligenza emotiva, decision making e tanto, tantissimo spirito di iniziativa.

Dalla teoria all’azione: 5 ore di energia pura

In apertura della final challenge, i facilitatori di Artémat hanno delineato obiettivi e regole del gioco: la simulazione riguardava il lancio e la gestione di una startup nel mercato delle app, da affrontare in team, con budget e scelte strategiche a ogni round. “È una simulazione, ma funziona come nel mondo reale. Non ci sono risposte giuste o sbagliate: ci sono decisioni e conseguenze” – è stato detto ai partecipanti.

Dopo una fase di ice-breaking, i nove team hanno preso posto nelle loro stanze virtuali. Ed è lì che la sfida ha preso vita: c’è chi ha diviso subito i ruoli, chi ha ragionato a lungo su ogni decisione, chi ha seguito l’istinto. Round dopo round, le scelte strategiche hanno trasformato i piani iniziali.

Tutti, in modi diversi, si sono messi in gioco. Chi con cautela, chi con audacia, chi con spirito di adattamento. Ogni errore è diventato occasione per correggere la rotta. Ogni intuizione ben giocata, un vantaggio competitivo.

E intanto, nelle sezioni plenarie, i facilitatori commentavano i risultati, fornendo insight e mostrando le classifiche aggiornate, mentre gli HR delle aziende partner prendevano nota. In silenzio, ma attentamente.

Faccia a faccia con le aziende

A scandire i momenti di confronto tra le quattro manche del Business Game, lo speed pitch delle aziende partner: brevi presentazioni di sé seguite da sessioni serrate di domande e risposte con i partecipanti. Uno scambio utile e diretto, che ha permesso ai talenti di raccogliere insight preziosi e agli HR di osservare spirito critico, curiosità e intraprendenza anche fuori dal contesto competitivo.

Nel frattempo, ogni team portava avanti la propria strategia, in un crescendo di coinvolgimento e affiatamento. Chiarezza espositiva, sintesi, leadership, capacità di adattamento, sono solo alcune delle soft skill emerse nei momenti di decisione, sotto pressione, quando le informazioni erano tante e il tempo poco.

Il team Green ha lasciato il segno: visione lucida, voce sicura, leadership distribuita. Un mix di competenze che ha convinto giuria e partner, portandolo alla vittoria finale. Ma anche altri team hanno dato prova di grande affiatamento, soprattutto il Brown, con cui c’è stato un testa a testa fino all’ultimo round. E il Pink ha regalato una bella rimonta, migliorando costantemente fino alla fine.

Gli occhi degli HR

Dall’altra parte dello schermo, le aziende partner non si sono limitate ad “assistere”. Hanno osservato con sguardo clinico, cercando di cogliere ciò che solitamente sfugge nei CV e nei colloqui: come reagisce un candidato sotto pressione? Come si relaziona agli altri? Come prende decisioni?

“Abbiamo visto spirito di iniziativa, lucidità e collaborazione autentica” – ha commentato uno dei referenti HR, a fine giornata.

E in effetti, è proprio grazie a momenti come questi che le aziende partner possono osservare il talento mentre si manifesta e, allo stesso tempo, posizionarsi come brand autorevoli nella mente dei candidati più brillanti, uscendo dal funnel tradizionale del recruiting.

Gli altri riconoscimenti

Come ogni anno, la Challenge si è chiusa con l’assegnazione degli Open Badge, i riconoscimenti ufficiali che attestano le competenze dimostrate sul campo.

• Il Best Team (assegnato dalle aziende partner) è andato al team Green, per la coesione e la costanza.

• Il Best Pitch è stato vinto da Ludovico Lepidi (Università degli Studi di L’Aquila), capace di catalizzare l’attenzione con chiarezza e determinazione.

• Il Best Skillgame se l’è aggiudicato Massimo Porcheddu (Politecnico di Torino), primo classificato nella fase di quiz multidisciplinare.

A tutti gli altri partecipanti è stato conferito il badge di partecipazione. Ma il riconoscimento più grande è stato forse l’entusiasmo emerso nei post LinkedIn delle ore successive: “Un grazie speciale ad Artémat per aver creato un ponte concreto tra il mondo universitario e quello professionale”; “Un’esperienza che porterò con me e che ha rafforzato la mia motivazione a crescere nel mondo dell’innovazione e della risoluzione di problemi complessi.”; “Un’esperienza stimolante che mi ha permesso di […] confrontarmi con aziende di primo piano”. “Ogni sfida affrontata è stata una lezione preziosa.”

Il talento si vede quando scatta il timer

University Talent Challenge non è solo un contest. È un laboratorio esperienziale per riconoscere il potenziale, quello vero. Perché il talento non si dichiara – come dicevamo nell’articolo di presentazione di questa terza edizione – si manifesta. E, ancora una volta, ha brillato sotto i nostri occhi. Perché in quei volti concentrati, in quelle parole dette con il fiato corto, in quelle scelte fatte all’ultimo secondo, abbiamo visto qualcosa che somiglia molto al futuro. Ed è stato emozionante riconoscerlo.